Love Disabilty | Ethiopia meets Italy

Agenzia Nova | Sanità: al via progetto “Etiopia meets Italy”

Roma, 21 mar 13:27 – (Agenzia Nova) – In occasione della giornata mondiale della sindrome di down al via “Ethiopia meets Italy-love disability. Il loro posto giusto nel mondo”. Organizzato da “La stella di Daniele Onlus” per aiutare un paese, come l’Etiopia, ad abbattere le barriere sulla sindrome di Down, il progetto, patrocinato dall’assessorato alla Persona, Scuola e Comunità Solidale del Comune di Roma, è nato per sostenere la Deborah Foundation ad Addis Abeba, primo e unico centro etiope realizzato per aiutare bambini e ragazzi down. “La fondazione ha bisogno di una guida nella formazione del personale che lavora nel centro; ha necessità di sostenere le famiglie dei ragazzi con disabilità per costruire un mondo e futuro migliore”. Lo comunicano in una nota gli organizzatori.

“Siamo orgogliosi che altri Paesi guardino a Roma come un modello da seguire, che si instauri una collaborazione che è occasione di crescita e di progettualità, con lo sguardo sempre ampio, sulle molteplici dimensioni legate alla sindrome di down, capace di estendersi anche nel lungo termine, come quello dei genitori, che sosteniamo con il ‘dopo di noi’ e al contempo di agire restando focalizzato sul presente, sull’oggi”, aggiunge Veronica Mammì, assessora alla Persona, Scuola e Comunità Solidale del Comune di Roma che ha salutato l’avvio di Love Disability..

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Giornata Mondiale dell’Udito

La Stella di Daniele Onlus sostiene la Giornata Mondiale dell’Udito 2021 e il tema “Per un udito protetto per tutti! Controllare. Riabilitare. Comunicare“.

La Stella di Daniele Onlus sta lavorando a progetti per rispondere in pieno all’appello dell’Organizzazione Mondiale della Sanità affinché si agisca per sostenere le persone che hanno problemi di udito. L’attenzione della nostra Onlus è proiettata in modo particolare verso i bambini con l’ideazione e realizzazione di campagne a supporto. Per chi ha problemi di udito vivere, quindi comunicare, parlare, socializzare, è molto difficile in questo momento. I dispositivi di protezione, ossia ogni tipo di mascherina, limitano l’emissione dei suoni e la lettura labiale.

Per questo siamo vicini a chi ha problemi di ipoacusia e condividiamo con forza i messaggi chiave della Giornata Mondiale dell’Udito 2021 sono:

  • Un buon udito e una buona comunicazione sono importanti in tutte le fasi della vita.
  • L’ipoacusia (e le malattie dell’orecchio conseguenti) può essere evitata attraverso azioni preventive come: protezione contro i rumori forti, buone pratiche di cura dell’orecchio e vaccinazione.
  • L’ipoacusia (e le malattie dell’orecchio correlate) può essere affrontata quando viene identificata in modo tempestivo e si cercano cure appropriate.
  • Le persone a rischio di ipoacusia dovrebbero controllare il loro udito regolarmente.
  • Le persone affette da ipoacusia (o da malattie dell’orecchio correlate) dovrebbero cercare assistenza da un fornitore di assistenza sanitaria.
  • Il numero di persone che vivono con ipoacusia e malattie dell’orecchio non curate è inaccettabile.
  • È necessaria un’azione tempestiva per prevenire e affrontare l’ipoacusia, in tutte le fasi della vita.
  • Investire in interventi efficaci dal punto di vista economico porterà benefici alle persone che soffrono di ipoacusia e guadagni finanziari alla società.
  • Integrare una cura dell’orecchio e dell’udito incentrata sulla persona all’interno dei piani sanitari nazionali per una copertura sanitaria universale.

Non toccarmi più

Il progetto “Non toccarmi più” vuole perseguire, proteggere, supportare e dare un sostegno concreto al bambino e alle loro famiglie.

Comunicato stampa

Lunedì 20 Maggio presso la sede della Camera dei Deputati si terrà la conferenza stampa di presentazione del progetto.

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Close to You: Promozione del Decalogo dei diritti inalienabili della bambine – Italia

Presentazione a Roma alla Camera dei Deputati italiana del Progetto.

 

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Close to You: Promozione del decalogo dei diritti inalienabili della bambine – Estero

Presentazione a Città del Messico al Senato della Repubblica alla Camera dei Deputati italiana del Progetto.Scarica il decalogo completo dei diritti inalienabili delle bambine

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“Cinema du Desert”, due italiani itineranti: “Con i film portiamo tanta felicità”

“Finalmente ce l’abbiamo fatta”. Anche quando Davide e Francesca non sono in giro per il mondo, parlare con loro è quasi un’impresa. Hanno fatto una scelta sette anni fa: basta pagare affitti e bollette. Davide ha comprato un camion, insieme a Francesca lo hanno “camperizzato” e ne hanno fatto la loro casa. Mobile. Dal 2009 vivono in viaggio e regalano il cinema agli abitanti dei villaggi più isolati del mondo. Stanno lontani dall’Italia 8, 9 mesi l’anno, poi tornano: fanno piccoli lavori e organizzano eventi di finanziamento, oltre a campagne online. Così raccolgono il denaro necessario per continuare il viaggio. “Abbiamo provato a fare i conti: Cinema del Deserto, il nostro progetto, ci ha fatto percorrere 90mila kilometri in tre continenti (Africa, Europa e Asia). Abbiamo raccolto oltre 27mila spettatori con una media di 40-50 film proiettati all’anno”.

Ci avevano provato a fare una cosa simile qui, in Italia: organizzare eventi gratuiti, mostrare video, non necessariamente film, ma “le regole erano troppo stringenti, ci chiedevano soldi per i diritti… insomma non poteva funzionare”. E allora via, prima tappa: l’Africa. Home, il documentario di Yann Arthus-Bertrand su ambiente e cambiamenti climatici è la storia con cui ha ufficialmente inizio Cinema del Deserto, a Timbuktu dove Davide e Francesca sono arrivati come membri della ong Bambini nel Deserto. “Quel film ci ha cambiato la vita – raccontano – ha influenzato tutte le nostre scelte, non potevamo che iniziare da quella storia”. I film che proiettano hanno sempre come tema il rapporto uomo-natura o lo sfruttamento delle risorse. E poi, naturalmente, ci sono i cartoni animati per i bambini.

Quello sulla tutela dell’ambiente è un discorso che gli sta talmente a cuore che anche il loro cinema sfrutta energia alternativa per funzionare, è un “cinema solare”. Il camion, oltre a essere la loro casa, dove cucinano, mangiano e dormono, è attrezzato di tutto: sul tetto ci sono i pannelli, un mini impianto fotovoltaico, e dentro una coppia di batterie che garantiscono almeno sei ore di proiezione. Così, non appena si fa buio, Francesca e Davide posizionano lo schermo su un lato del camion e si trasformano nei fratelli Lumière per il loro pubblico.

Per gli abitanti di alcuni villaggi, infatti, questo è il primo approccio con il cinema. “Un ragazzo una volta ci ha detto: ‘Grazie a voi ho potuto vedere cose che non conoscevo: il mare, le grandi città’. Un’altra volta invece un gruppetto di spettatori si è improvvisamente alzato e ha iniziato a correre e scappare via: ‘La scena era quella di un camion che passava sopra la telecamera. Credevano li avrebbe investiti'”. Per non parlare poi dei bambini. “A quelli africani abbiamo fatto vedere Kirikù. Erano così felici che la sera successiva hanno voluto rivederlo a tutti i costi”. Il fatto è che “noi viviamo in una società fatta di immagini, ma in molti dei posti in cui siamo stati quando parlavamo di cinema nessuno capiva cosa stessimo dicendo”. E non solo nei villaggi isolati della Siberia, Mongolia o Burkina Faso: “La Romania ci ha colpito tantissimo. Nonostante sia vicina a noi è un paese poverissimo”.

Davide e Francesca dicono che non è stato troppo difficile abituarsi a questo nuovo stile di vita “non più faticoso di qualsiasi altro cambiamento”. Nessun pentimento insomma, anzi “è quando torniamo in Italia che iniziano i problemi”. Dal più piccolo, dove parcheggiare il camion, al più grande, reperire i fondi per i viaggi successivi: “Le nostre casse sono sempre vuote”. Per quanto le loro spese siano ridotte al minimo (quasi l’80% del budget lo spendono per il gasolio) devono trovare fondi per mesi e mesi on the road. Ecco perché, anche quando tornano a casa, è sempre difficile incontrarli: “Cerchiamo lavoretti da fare e organizziamo eventi di finanziamento”. Rovereto, Milano e poi Bologna: sono queste le città che prossimamente vedranno Davide e Francesca impegnati in cene ed eventi per raccogliere fondi. “Appena rientrati dall’ultima spedizione in Asia, abbiamo ricevuto una mail da un festival sui diritti umani che si svolge dal 7 al 10 aprile al confine tra Marocco e Algeria. Vogliono che portiamo lì il nostro Cinema del Deserto“. Il tempo non è molto, per questo motivo stanno pensando di organizzare anche una campagna di crowdfounding online: “L’avevamo fatto anche per l’ultimo viaggio, utilizzando le piattaforme Produzioni Dal Basso e Indiegogo. Abbiamo ricevuto donazioni da ventisei Paesi, i più generosi sono stati americani, inglesi e norvegesi”. E gli italiani? “Con loro è più difficile, sono restii se non ti conoscono di persona”. Anche per questo, pensando al futuro, Davide e Francesca vorrebbero portare il loro cinema solare in giro per l’Italia, per farsi conoscere anche a casa. “Poi, magari, andare tra i bambini dei campi profughi di Calais. E l’Africa… il suo richiamo è sempre fortissimo”.

Davide e Francesca testano quotidianamente la potenza del cinema “è il mezzo perfetto per il primo approccio con le persone, ti permette di superare i limiti linguistici e culturali”, ma non sono gli unici. Ci avevano provato, sempre con progetti di cinema itinerante, pur rimanendo entro i confini nazionali, anche Lorenzo Garzella con la sua cine-bicicletta e Francesco Azzini con la sua Cortomobile, un’Alfa Romeo 2000 del 1974. Il progetto di Garzella, nato a Pisa, era legato al concetto di memory-sharing. Prevedeva, infatti, che ognuno, in sella alla propria bici, seguisse le tappe di un film itinerante sulla seconda guerra mondiale. Il proiettore era posizionato su una bicicletta e le immagini riempivano  le pareti dei monumenti e palazzi della città, quelli di luoghi particolarmente significativi per la storia della Resistenza pisana. L’idea è stata esportata anche a Ferrara, Roma e Udine e la risposta della gente è stata così entusiasta che Garzella sta pensando all’evoluzione della cine-bicicletta: il cine-bus, sperimentato una sola volta . “Vogliamo utilizzare gli autobus rossi scoperti, quelli che fanno i giri turistici delle città. Le persone sedute saranno la nostra platea a cui mostrare, sempre a tappe, o immagini di storia della città o scene di film cult girate in quei precisi luoghi. Sul Colosseo, ad esempio ci sarebbero Alberto Sordi o il Gladiatore, sul lungotevere, James Bond”. Per i cinquant’anni dall’ultima grande alluvione dell’Arno, invece, con la Regione Toscana, stanno studiando l’idea di un cine-battello che racconti la storia di quei momenti sulle pareti dei palazzi sul lungarno.

La sala più piccola al mondo, quella a due posti costruita da Francesco Azzini sulla sua Alfa Romeo, è invece ferma in garage da più di un anno. Dal 2006, dopo oltre 400 tappe in tutta Italia, più di 120mila kilometri percorsi e oltre 20mila spettatori, “i soldi sono finiti. I festival, quelli cinematografici o di artisti di strada, dove portavo la mia monosala, sono sempre meno e sempre più poveri”. Ma le reazioni del pubblico erano così affettuose: “ci ringraziavano e abbracciavano. Una coppia che si è conosciuta nella mia Alfa Romeo poi si è addirittura sposata”. E allora il programma di Francesco, per ora, è di rimettere in strada la sua Cortomobile, il 2 e 3 luglio al Treviglio Vintage (fiera che si svolge in provincia di Bergamo). Da lì, organizzare qualche altra proiezione a Milano. “Ma se dovessi confessare il mio desiderio, sarebbe quello di coinvolgere le piccole librerie”. In che senso? Con delle proiezioni il cui fil rouge è il “corto”: mostrare cortometraggi che abbiano come tema la “cortoletteratura” (romanzi brevi) nella sua Cortomobile.

Un muro della gentilezza anche a Roma: “Dona quello che puoi. Prendi ciò di cui hai bisogno”

Muro e gentilezza. Due parole tanto diverse, mai così vicine. Da quando, lo scorso dicembre, nel nord dell’Iran è ‘nato’ il primo “Wall of Kidness”, anche in Italia i muri della gentilezza hanno iniziato a riempire le città in nome della solidarietà. La formula è sempre la stessa: “Chi può doni quello che ha. Chi non ha nulla prenda ciò di cui ha bisogno”. Cappotti, vestiti, scarpe. Dopo Parma, Bologna e Firenze, anche Roma avrà il suo muro della gentilezza e sorgerà nella sede Ama di Via Cassia (località La Storta, Roma Nord). L’idea è nata tra i banchi di scuola del liceo Marymount International. La professoressa di letteratura italiana Giovanna Iorio, promotrice del progetto, ha pensato di portare la didattica fuori dalle aule: spiegare il concetto di gentilezza, tipico del Dolce stil novo, ricollegandolo a quanto successo in Iran dove un muro, in genere simbolo di divisione, è diventato risposta concreta al bisogno. Grazie al patrocino del Municipio XV è stata individuata la parete, situata in un luogo denso di significato della capitale: la via Francigena, passaggio dei pellegrini in visita in questo anno giubilare. “Un muro che duri nel tempo. Una parete bella da vedere, dove le persone potranno lasciare doni e non scarti, e chi ha bisogno saprà che potrà trovare un sostegno”, spiega Giovanna Iorio. Tra i ganci e le mensole per gli oggetti, gli studenti realizzeranno un grande murale, guidati dallo street artist Mario Damico, fondatore dell’associazione “Pittori Anonimi Trullo”. Il disegno pensato per il muro della gentilezza romano sarà il frutto della fusione di 11 schizzi che gli studenti della Marymount hanno esposto il 9 marzo a scuola. Per l’occasione sono state realizzate e messe in vendita torte e dolci, il cui ricavato servirà ad acquistare i materiali necessari per l’abbellimento del muro. L’inaugurazione, con la possibilità di lasciare i primi oggetti, è prevista per il 19 marzo e, a lavori conclusi, sarà il gruppo scout Agesci Roma2 a prendersi cura della “parete della bontà” .

 

Cosenza, nasce l’Università del volontariato

COSENZA – E’ l’unica sede in Calabria e la seconda dopo Salerno nel Sud Italia. L’Università del Volontariato, nata a Milano circa 4 anni fa sulla base di un progetto del Centro servizi del capoluogo lombardo, arriva anche a Cosenza su iniziativa del Csv.

L’Università del Volontariato nasce dall’esigenza di formare coloro che vogliono impegnarsi per gli altri e dare vita ad un confronto sul terzo settore e sulle politiche di welfare. Il percorso universitario prevede corsi specialistici, serate informative per i cittadini e una formazione specifica per le associazioni. Per la definizione dell’offerta il Csv ha portato avanti un’analisi del fabbisogno del volontariato cosentino distribuendo alcuni questionari ai volontari del cosentino.

Il Csv di Cosenza ha pensato di proporre questa esperienza sul proprio territorio nella convinzione che «il volontariato sia una vera e propria scuola di vita e che la formazione dei volontari sia condizione indispensabile per espletare al meglio la loro opera finalizzata a dare risposte concrete ai bisogni delle comunità». Un percorso ancora in fase di costruzione quello cosentino e che mira a creare, così come accaduto a Milano «una rete di partner locali – ha dichiarato la presidente del Csv Maria Annunziata Longo – con i quali strutturare nel tempo il progetto. Sicuramente si tratta di un percorso aperto e calato sulle esigenze del territorio».